
Rassegna Stampa
Marzo 2001 - TUTTOTURISMO
Umbria - I magnifici tre
Un
extravergine di qualità superiore. Un piccolo fagiolo
riportato a nuova vita dalle cure d i un agricoltore illuminato.
E un vero tesoro, il tartufo nero. Sono gli ingredienti di
una cucina antica che sa ancora sorprendere. Parola di chef
di Clelia d'Onofrio - foto di Massimo Mastrorillo
Un olio verde, una risina bianca, un tartufo
nero. Tre autentiche invenzioni della natura che racchiudono
i profumi e i sapori tipici della cucina umbra, la quale sa
proporli in uno e cento modi mescolandoli, isolandoli, completandoli
solo con uno o due ingredienti che danno vita a vogliosissime
"bruschette", seducenti tegamini di uova cosparse di tartufo,
fantastiche frittate tartufate, consolatorie minestre da "c'era
una volta" dove si ripropone perfino la minuscola risina,
parente delicata di più sapidi fagioli, quelli detti ''dell'occhio''.
Pare davvero d'essere capitati in un altro pianeta. Infatti
l'Umbria, che ha saputo e voluto conservare le originarie
ricette della tradizione, porta a tavola quasi ovunque una
cucina antica capace di sorprendere il palato. La sua gente,
laboriosa e gelosa, ha guardato al futuro senza tradire il
passato. Qui vi sono famiglie che coltivano olivi e fanno
olio dal 1600! Dunque, l'olio umbro. Poco, ma buono.
Anzi buonissimo, tanto che voci sempre più autorevoli lo indicano
come il migliore d'Italia. Nessuna meraviglia. La regione
è da sempre terra vocata per gli olivi perché a questa latitudine
il gelo e i parassiti, loro nemici micidiali, sono eventi
rari. Inoltre, la relativa lontananza dal mare giova (e tanto)
alla salute
delle piante. Così l'Umbria, che nel volgere dei secoli è
diventata tutta un oliveto, offre allo sguardo del turista
un'onda argentea che sale e scende per i declivi dilagando
tra i castelli, i monasteri e le ville, fino a incorniciare
le architetture medievali di Assisi, Spoleto, Spello, Foligno.
C'è da sperare davvero che il ventilato proposito
governativo di favorire il ritorno alla campagna consenta
ai Moraiolo, ai Frantoio, ai Leccino di crescere e moltiplicarsi.
Sono nomi, questi, datenere bene a mente perché è proprio
da tale varietà di piante che nasce l'olio umbro, fino a ieri
consumato soprattutto a livello locale, poi in piccola parte
anche fuori confine grazie ad alcuni grandi chef e privati
buongustai che ne hanno diffuso la straordinaria bontà. Però,
lo rammentiamo, di quest'olio ce n'è assai poco, appena il
due per cento di tutta la produzione nazionale, che a sua
volta è insufficiente al fabbisogno interno obbligando il
nostro Paese a importare olio da altre nazioni del bacino
dei Mediterraneo. Un motivo di più per sapere dove e come
comprare. Da parte sua la Regione, in difesa del prodotto,
ha chiesto e ottenuto per tutto il territorio la denominazione
di origine protetta "Umbria", mentre molti produttori, singoli
consociati sono seriamente impegnati nella salvaguardia
della qualità de prodotto. "Quella del nostro olio è a dir
poco straordinaria", sostiene Carlo Pagliacci, la cui famiglia
è una di quelle che "sta nell'olio" almeno dal Rinascimento.
E, come se non bastasse, l'olio dei suo Frantoio Alberto Cipolloni
viene definito la "Ferrari dell'extravergine italiano". Motivo
per cui è in pole position in questo nostro viaggio per gola.
"Ben vengano gli appassionati a visitare le nostre aziende",
prosegue Pagliacci. "E' l'unico modo per poi evitare nell'acquisto
le insidie dell'olio qualunque". E da buongustaio qual è consiglia
ai neofiti che vogliano apprezzare in pieno la fragranza dell'olio
autentico di "versarlo a filo, oltre che sulle fette di pane,
sulle patate lessate, magari quelle rosse di Colfiorito, ancora
calde e appena salate". Santa semplicità! Ma quanto lavoro
a monte! Nel periodo della raccolta abbiamo spesso incontrato
gruppi di braccianti diretti verso i frantoi con i cesti di
olive colte a mano quasi una per una, secondo quel metodo
detto della "brucatura" che evita al frutto pericolose ammaccature;
in altre zone, quando la varietà e la forma delle piante lo
consentono (e se la "viabilità" interna degli oliveti lo permette),
si velocizza il lavoro impiegando speciali, "delicati" scuotitori.
Insomma il vero olio umbro, pur nascendo già bene come frutto
sulla pianta, esige nella lavorazione tanta di quella fatica
e necessita di una tale cultura in materia che sarebbe assolutamente
antieconomico produrlo in versione scadente. Per un olio che
non si è mai perso, un legume perduto e ritrovato come la
risina, o fagiolo di Spello, coltivato fino a 50 anni fa nella
zona del Trasimeno e poi caduto in disuso tanto da essere
considerato quasi estinto. Per fortuna un esperto agrario,
Carlo Giansanti, ritrovata per caso dentro un vecchio fiasco
una manciata di risina, l'ha regalata a un appassionato agricoltore
di Spello,
Augusto Antonelli, che dopo anni di attento lavoro ne ha felicemente
riavviato la coltivazione biologica nella sua azienda Cuore
Verde. A favore della bontà di questo candido e piccolissimo
fagiolo dal sapore delicato depone poi il fatto che è entrato
nei menu di molti chef, dove si sposa felicemente a diversi
tipi di pasta, pesce e verdure o viene proposto lessato e
condito con un filo d'olio. Umbro, naturalmente.
Tanto leggero e saporoso è l'"oro verde"
quanto nero e più che profumato è il tartufo, altro tesoro
che l'Umbria nasconde, questa volta sottoterra, soprattutto
nei dintorni di Cascia, Norcia e Spoleto. I più buoni e profumati
si trovano da Natale a tutto marzo. Qui, tuttavia, le famiglie
non lo riservano ai pranzi della festa, ma nella quantità
dettata dal buonsenso lo cospargono sui piatti di tutti i
giorni (impiegando anche quelli industrialmente conservati),
mentre nella misura stabilita dalla ricetta classica della
frittata sono richieste cinque uova ogni cento grammi di tartufi,
più crema di latte, olio, sale e succo di limone. Tenete presente
però che in questo caso le uova devono cuocere e i tartufi
no. Attenti, allora, a non fare la solita... frittata.
Negli anni scorsi, fondato
dalla Regione e da alcuni produttori privati, si è costituito
il "Consorzio regionale olio dop Umbria" (Co.Re.0l.),
di cui fanno parte anche trasformatori (frantoisti)
e distributori (imbottigliatori). li marchio Co.Re.0l.,
un bollino con la riproduzione di una macina di frantoio,
rende l'olio riconoscibile.
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Clelia d'Onofrio
Come arrivare. Foligno si raggiunge
da Milano (495 km) seguendo l'A1 fino al casello di Bettolle
Val di Chiana e poi la superstrada che tocca anche Perugia
e Assisi. Da Roma (160 km) percorrere l'A1 fino a Orte, la
superstrada per Terni e la 553. Gli alberghi. Villa
Roncalli (via Roma 25, Foligno; tel. 0742391091. doppia L.
160.000, breakfast compreso), ricavato in una dimora del XVII
secolo: solo dieci camere proposte a un buon rapporto qualità/prezzo.
I ristoranti. A parte Víssani (vedere riquadro a pag.
149), uno dei migliori ristoranti della regione è quello dell'appena
citato hotel Villa Roncalli (chiuso lunecli; menu degustazione
L. 75.000, alla carta L. 80.000, vini esclusi). Una buona
alternativa la offre, nella vicina Cannara, il conveniente
Perbacco (via Umberto 114; tel. 0742720492; chiuso lunedì;
aperto solo la sera; L. 45.000, vini esclusi). Sempre nei
dintorni di Foligno, a Trevi, merita una sosta La Taverna
dei Pescatore (località Pigge, SS 3, km 139; tel. 0742780920;
chiuso mercoledì menu degustazione L. 65.000; alla carta L.
70.000, vini esclusi). Lo shopping. Per l'olio: Frantoio
Alberto Cipolloni (località Profiamma, Foligno; tel. 0742311530;
Internet www.cipolloni.com); la bottiglia da un litro costa
da L. 17.000 a L. 25.000. Per le risine: Azienda agricola
biologica Cuore Verde (via Cavour 57, Spello; tel. 0742652346).
Per i tartufi neri: Poddi Tartufi (via Campomicciolo 265,
Terni; tel. 0744284040; Internet www.poddi.com). Informazioni
Apt dell'Umbria (via Mazzini 21 Perugia: tel 075575951).
Un gigante che sa giocare
coi sapori
A
13 anni, quando frequenta l'Istituto alberghiero, è considerato
già una promessa, mentre di solito i cuochi eccezionali si
"rivelano" tali dopo i 20. Da grande può essere amato per
la sua bravura e detestato per il suo carattere, ma resta
il fatto che l'umbro Gianfranco Vissani entra di diritto nella
storia gastronomica come uno dei migliori chef degli anni
90 (e ora del Duemila). Sebbene penalizzato dalla decentrata
ubicazione dei ristorante che porta il suo nome, egli è riuscito
ugualmente a ottenere fama mondiale. Gianfranco Vissani è
uno chef che non replica mai le sue ricette: oggi la spigola
è con il pomodoro, domani sarà con gli asparagi, il mese prossimo
con i carciofi e poi con le arance, cosi come gli detta la
sua sensibilità di artista che sa cogliere all'istante la
potenzialità dell'ingrediente che ha davanti. La sua non è
mai stata una nouvelle cuisine. I suoi piatti eleganti e stilizzati
sono il frutto di un talento naturale che sperimenta sapori
anche azzardati, ma quasi sempre interessanti. L'attuale evoluzione
culturale e gastronomica gioca a suo favore e oggi la sua
cucina è riconosciuta come tipica italiana. Anche se alcune
ricette prevedono il foie gras e le ostriche di Belons, Vissani
non rinuncia all'olio extravergine d'oliva e ad altri prodotti
tipici del suo territorio come il profumato tartufo di Norcia
o le lenticchie di Castelluccio.
(da Il cucchiaio d'argento, Editoriale Domus)
Vissani, SS 448, km 6,600, località
Civitella dei Lago, Baschi (Terni); telefono 0744950396. Giorno
di chiusura: mercoledì giovedì a mezzogiorno e domenica
sera. Prezzi: menu degustazione L. 230.000, alla carta
L. 200.000/300.000, vini esclusi; carte di credito: tutte.
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